Qualcuno propose di giocare al gioco delle imitazioni.
Si misero tutti a sedere. Alcuni sul piccolo divano verde pallido, a due posti; altri presero delle sedie dal lungo tavolo in legno, cosparso di lattine di coca-cola, e qualche birra, mentre su fondo erano ammucchiati i piatti sporchi.
Agata si alzò, tutti la guardavano attenti, come sempre. Non che fosse una ragazza particolarmente bella o intelligente, nella norma direi, ma tutti la guardavano, tutti la salutavano,tutti le sorridevano, tutti volevano essere suoi amici o suoi fidanzatini. Cominciò a camminare con le gambe divaricate e piedi a papera, ad ogni passo spostava il peso da una parte all’altra del corpo, ondeggiando. Le dita della mano destra stringevano una sigarette immaginaria, mentre con la sinistra gesticolava. Ogni tanto perdeva la concentrazione e scoppiava in un sonoro sghignazzo, per poi subito ritornare a calarsi nella parte.
Il personaggio imitato da Agata non poteva che essere il suo nuovo ” quasi fidanzatino” Giorgio. Un tipetto con il sorriso stampato in faccia, la risposta sempre pronta, e due occhi verdi che non smetteva mai di muovere. Si atteggiava da bullo arrogante, come solo un quindicenne sa fare, ma tutti noi sapevamo, infondo, che era un ragazzetto dolce e amichevole.
Era il turno di Irma, una ragazzina timida ma sorridente, un pò impacciata nei modi. Dopo essersi spostata dall’angolo dov’era seduta, iniziò. Si sedette sul divano con Agata, sorridendole, riempiendola di complimenti, chiedendole se le serviva qualcosa, annuendo a ogni suo gesto o frase. Si metteva continuamente i capelli dietro le orecchie e la guardava con esagerata adorazione.
Tutti si misero a ridere per l’imitazione, io mi unii al coro, non riuscendo a capire di chi si trattasse. Irma iniziò a guardarmi, dopo poco mi sentii addosso anche gli occhi degli altri.
Rossa come un peperone capii che si trattava di me. Era così che mi vedevano dunque?! Una tipina bassina e silenziosa al guinzaglio di Agata. Una servizievole amica che non chiedeva nulla. Una bambola programmata per annuire, senza un’opinione. Ed io non me n’ero mai accorta.
Quel giorno nella mia testa suonò una sveglia improvvisa.
Quel giorno era il mio Big Bag.
Quel giorno decisi che non sarei più stata la silenziosa ombra di nessuno. Preferii essere un cane randagio. E imparai a prendermi dalle persone tutto quello che potevo.
S.